Avvento 2019: seconda settimana

La sorgente e la forza della nostra speranza: l’ « Emmanuel »

Avvento 2019 : seconda settimana

Continuando la nostra lettura del libro di Isaia, voglio fermarmi su una sezione del capitolo 7. Qui abbiamo innanzitutto il dialogo tra Dio e il re Acaz, poi la presa di posizione del profeta Isaia. Ecco il testo.

10 Attraverso Isaia parlò, Jahveh, a Acaz dicendo: 11 « Chiedi, per te, un segno da Jhwh tuo Dio, un segno sia nelle profondità del soggiorno dei morti, sia nei luoghi più elevati lassù (nel cielo) ». 12 E disse Acaz : « Non chiederò (nulla), e non metterò Jhwh alla prova ».
13 Allora Isaia disse: « Ascoltate, casa di Davide ! E’ forse cosa da poco, per voi, affaticare gli uomini per mettervi ad affaticare anche il mio Dio ? 14 Per questo il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la giovane donna concepirà e darà alla luce un figlio e gli darà il nome Emmanuel, cioè Dio con noi ». (Isaia 7,10-14).

Siamo nel 734 prima della nascita di Gesù. La città di Gerusalemme, dove risiede il re Acaz, è assediata da una coalizione degli Israeliti del Regno del Nord e dai Siriani. Quanto ad Acaz, egli pensa di chiedere aiuto all’Assiria consegnandole i tesori del Tempio . Ma – attraverso il suo profeta – Dio invita il re a fidarsi solo di Dio. E Dio, chiedendo al re questo atto di fiducia, offre un segno che testimoni l’autenticità della parola di Dio . E’ quanto leggiamo nel verso 11 : « Chiedi, per te, un segno da Jahveh tuo Dio, un segno sia nelle profondità del soggiorno dei morti, sia nei luoghi più elevati lassù (nel cielo) ».
Quanto al re, egli rifiuta questo invito a chiedere un segno. In questo suo rifiuto, Acaz si nasconde dietro una religiosità apparente . Egli non vuole domandare un segno, egli non vuole pregare Dio, così dice, perché la preghiera, il fatto di chiedere a Dio un segno, non è un atto di fiducia in Dio ma una provocazione. In più, nella sua risposta a Dio, il re non riconosce Yahveh come « suo Dio » .
Nella seconda parte del testo (vv. 13-14), Isaia reagisce, egli dichiara : « E’ forse cosa da poco, per voi, affaticare gli uomini per mettervi ad affaticare anche il mio Dio ? ». E in queste parole Dio non è più, ahimè, il Dio del re e del popolo: ormai Dio è solo « il mio Dio »

 

(v. 13), il Dio del profeta.
Eppure, ad Acaz, il profeta fa un annuncio straordinario. Gli annuncia la nascita di un figlio. Menzionando questo figlio che nascerà, Isaia poteva far riferimento a Ezechia, il figlio che nascerà al re Acaz e che succederà a suo padre. Figlio di un re infedele, egli sarà – cosa davvero sorprendente – giusto e fedele a Dio. E questo figlio sarà un segno che « Dio è con noi », che egli si prende cura di Gerusalemme e della casa di Davide; quindi il re non ha bisogno di stringere alleanze con i potenti di questo mondo .
Più tardi, in questo figlio annunciato da Isaia la tradizione giudaica riconoscerà i tratti del messia, un inviato ‘unto’ e scelto da Dio. E quando, all’incirca cinque secoli più tardi, si tradurrà in greco la pagina di Isaia, questa sorpresa sarà portata al massimo grado. Invece di dire « Ecco, la giovane donna concepirà e darà alla luce un figlio » (v. 14), i Greci tradurranno: « Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio, e lo chiamerai Emmanuel ».
« Emmanuel » è una parola ebraica, una parola composta: « Emmanu » significa « (è) con noi », mentre « El » significa « Dio ». Quindi: è Dio stesso che è con noi. D’altronde la formulazione « essere con », che troviamo anche in altre pagine della Bibbia ebraica, esprime e sottolinea la presenza e l’aiuto di Dio .
E a proposito di questa espressione, è utile sapere che essa torna – parecchie volte – anche nel Corano.
Penso in particolare alla sura 2 là dove si legge questo invito che Dio ci rivolge:

152 Ricordatevi di me e io mi ricorderò di voi!
Siate riconoscenti verso di me e non siate ingrati!
153 O voi che credete! Cercate aiuto e conforto nella costanza e nella preghiera!
In verità, Dio è con coloro che sono costanti (Sura 2,152-153).

Il verso 152 è un invito a vivere una relazione personale e intima con Dio. E il verso successivo ci dice come possiamo vivere questa nostra relazione: con la preghiera e con la costanza. Dietro questa parola, in arabo c’è una parola legata al termine « sabr », un termine che significa pazienza, perseveranza, costanza. Ebbene: in questo stesso versetto (e anche in 2,249 ; 8,46.66), il Corano ci dice che Dio è con coloro che sono costanti, con coloro che, sostenuti e sostenute dalla speranza, sanno – anche nelle difficoltà della vita – attendere con fiducia.

 

E’ il momento di terminare questa pagina. Facciamo nostro l’invito del profeta Isaia e del Corano: l’invito ad attendere la manifestazione dell’Emmanuel, del «Dio con noi», del Dio che è, soprattutto, con le persone costanti, con coloro che – nelle difficoltà e nelle sofferenze della vita – sanno conservare la speranza in Dio.

Renzo

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