Un vuoto che riempie il cuore

Un vuoto che riempie il cuore

 

burnand-peter-john-running800x484

I discepoli Pietro e Giovanni accorrono al sepolcro la mattina della Resurrezione

Eugène Burnand (1850 -1921)

 

La nostra cultura occidentale associa la felicità alla pienezza. La gioia di una tavola che non ha un lembo vuoto nemmeno per appoggiare le braccia. La musica ad alto volume che rimbomba nella stanza o in macchina. La festa zeppa di ospiti e amici, segno di successo sociale. Valanghe di messaggini sullo smartphone…
È qui tutta la difficoltà contemporanea di comprendere sino in fondo la Pasqua, evento di grazia in cui a dominare la scena è la tomba vuota e silenziosa del Signore Gesù. Un vuoto che ci pone di fronte al mistero, di fronte a noi stessi e al senso stesso della vita e della morte. Un vuoto che ci invita al silenzio, alla riflessione , un vuoto che ricrea nel nostro cuore lo spazio per lo stupore, la meraviglia.

La Pasqua, con la drammatica ed emozionante scena di un vuoto inspiegabile, è per i credenti e i non credenti il necessario momento della verità sulla propria esistenza. Non ci sono cose che possono renderci migliori. Non ci sono beni che possano salvarci. Non c’è nulla di materiale che possa dare una forma autentica alla nostra coscienza e alla nostra umanità. Con la Pasqua, siamo chiamati ad un gesto audace: muovere un passo dentro quel sepolcro inabitato e vincere la paura della morte, quella paura che ci paralizza e che compensiamo circondandoci dell’inutile e del superfluo, di una pienezza futile e illusoria.
Gesù ci chiama in una stanza spoglia dove fare i conti con il nostro cuore, con la nostra capacità di amare, con il nostro desiderio di sorprenderci di fronte alla ricchezza e bellezza della vita, anche con la nostra determinazione a superare le difficoltà e le fatiche senza perdere la speranza e la fiducia nel futuro. Il vuoto di fronte al quale si trovano Giovanni e Pietro dopo una corsa a perdifiato, carissimi amici, è la nostra grande possibilità di ripartire dall’essenziale: da noi stessi e dal grande sogno che Dio ha su ogni uomo e ogni donna. Quando l’uomo si riappropria di se stesso non c’è paura che tenga, non c’è morte che dica la parola “fine”.

Beniamino Depalma, vescovo di Nola (NA)

Con l’ausilio di queste intense e profonde parole di mons. Depalma auguro a tutte e a tutti coloro che visiteranno questo nostro sito, a nome dei membri dell’Associazione Biblica della Svizzera Italiana, una Pasqua di vera e gioiosa Risurrezione

Ernesto Borghi