Monografie – No 28
Giugno 2020
Per entrare nella lettera agli Ebrei come fosse la prima volta
a cura di
Italo Molinaro
Editoriale di Ernesto Borghi
Culto e vita: per un cristianesimo dal cielo alla terra, dalla terra al cielo
Il rapporto tra il Dio di Gesù Cristo e gli esseri umani si è articolato variamente nei diversi secoli in cui si sono fatte conoscere le parole e le azioni compiute, secondo testimonianze multiformi, da Gesù di Nazareth, testimonianze che hanno portato alla redazione delle versioni evangeliche canoniche. La figura del Nazareno crocifisso e risuscitato ha influenzato notevolmente Paolo di Tarso e numero- si altri esponenti delle prime due generazioni successive a quella di Gesù, dando origine a tutti gli altri scritti confluiti nella raccolta neotestamentaria.
Tra di essi uno dei meno conosciuti a livello generale, nella Chiesa e nella società, è probabilmente la lettera agli Ebrei. Ce ne accorgemmo anche, tra il 2007 e il 2008, quando nella Diocesi di Lugano mons. Grampa propose la sua lettura a livello generale nelle varie articolazioni pastorali diocesane (parrocchie, gruppi, movimenti). Questo libro appare come una grande e articolata omelia, indirizzata a discepoli di Gesù di ispirazione giudaica per consentire loro di superare dei momenti
di serio appannamento e notevole indebolimento della loro fiducia nel Dio di Gesù Cristo. E con un linguaggio giudaico, di impronta ritual-cultuale, la centralità del dono di sé fatto da Gesù di Nazareth appare in tutta la sua intensità esistenziale, dalle radici ebraiche alla rivoluzionarietà della sua scelta di vita per l’umanità.
Le notevoli difficoltà di lettura e l’irrilevanza per la fede cristiana attuale sono questioni fondate? A queste due domande cerca di rispondere questo numero della serie “Parola&parole – monografie”. Esso – che inizia con il ricordo di Sandro Vitalini, della sua vita e della sua opera – è il frutto della passione biblica e della competenza informativa di Italo Molinaro1, uno dei fondatori della nostra associazione, coniatore originario del titolo della nostra rivista. Da molti anni – più di venti – don Italo legge questo scritto del Nuovo Testamento affrontandone gli aspetti contenutistici e le modalità comunicative. E nella sua attività professionale di giornalista e di comunicatore in campo religioso il fascino per le parole, i significati, le forme espressive di questa lettera è stato, credo, uno dei moventi essenziali che l’ha condotto a proporre una nuova traduzione della lettera agli Ebrei. Nuova traduzione a partire da un’interpretazione per certi versi davvero innovativa, anzitutto per coloro che non sono specialisti degli studi biblici a livello scientifico, ma anche, forse, per qualcuno di loro.
I membri del comitato redazionale della nostra rivista, che sono docenti di esegesi e teologia bibliche, hanno dato parere del tutto favorevole alla pubblicazione di quest’opera di Molinaro, anzitutto per l’apporto che avrebbe potuto fornire ad una conoscenza non paludata, ma sostanziale del tesoro di cultura religiosa contenuto in
queste pagine antiche, e al confronto tra rito e vita, dal giudaismo del I secolo d.C. al cristianesimo del XXI.
L’arditezza di talune scelte lessicali di don Italo, che possono apparire, di primo acchito, sorprendenti e che vengono efficacemente spiegate prima e dopo il testo della traduzione, è una delle non poche ragioni per le quali la lettura di questo saggio potrà essere per molti un’esperienza culturale notevolmente formativa. Questa versione in lingua italiana della lettera agli Ebrei e i commenti e le osservazioni che la precedono e la seguono non hanno alcune velleità di completezza né di ultimatività. Sono contributi, aperti a critiche e discussioni, per far riflettere, con serietà e passione, nel nostro tempo, su un libro neo-testamentario assai più importante per la fede e la cultura cristiane rispetto a quanto molti hanno pensato e pensano.
Chi cerca la tradizione, meglio, il tradizionalismo come punto di riferimento, biblico e religioso, resterà probabilmente deluso, forse anche contrariato da taluni passi di questo volumetto. Ciononostante credo proprio che quanti sono persone davvero pensanti, quale che sia la loro ispirazione culturale, troveranno molti spunti, parecchie motivazio- ni per riflettere seriamente, tra le altre, anzitutto su una questione: il rapporto tra culto e quotidianità, tra rito e vita, che è degno di essere frequentato, cristianamente parlando, se orienta, sempre più e sempre meglio, lontano da ogni formalismo ritualistico e conduce dentro l’amore testimoniato dalla vita del Dio di Gesù Cristo.
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