Genesi 12-36
I PATRIARCHI NELLA STORIA DI ISRAELE
INTRODUZIONE
L’inizio della storia di Israele viene fatto risalire ai Patriarchi, cioè ai Padri della patria (Abramo, Isacco, Giacobbe), vissuti, secondo varie tradizioni, nel XIX secolo a.C.. Alle tradizioni orali che riguardavano i Patriarchi si appellarono gli autori sacri in contesti diversi. Lo fecero:
• i teologi della corte regale di Gerusalemme, nel X secolo a.C., presentando la regalità davidica come compimento delle promesse di Dio fatte ai padri della nazione (cfr. Gen 12,2: renderò grande il tuo nome…, parallelo con 2Sam 7,9.11). Gli autori usarono la tecnica letteraria detta proiezione retrospettiva. Questa consiste nel fare annunciare un avvenimento noto ai contemporanei dell’autore molto tempo prima del suo avverarsi;
• i teologi del regno del Nord (regno di Israele), nel VIII secolo a.C., per ricordare la fedeltà e la benevolenza del Dio dell’alleanza (cfr. 2Re 13,22-25), a cui gli ebrei dovevano tornare in tempo di idolatria e corruzione (cfr. Am 2, 6-15);
• i teologi esiliati in Babilonia (classe sacerdotale), nel VI secolo a.C., per rianimare la fede degli ebrei deportati, e spingerli a preparare il ritorno a Gerusalemme. Nelle tradizioni dei Patriarchi l’alleanza ed il possesso della terra, vengono dati ai Padri della Patria come dono perenne (cfr. Gen 17, 1-8; Daniele 3,34-36), senza nulla chiedere in cambio, nemmeno la fedeltà. Diversa sarà la situazione al Sinai, dove il patto d’alleanza esigerà la fedeltà al patto stesso.
• i teologi di Gerusalemme dopo l’esilio (V-IV secolo a.C.), che rielaborarono le tradizioni patriarcali, dando loro un assetto organico, e formando il ciclo dei Patriarchi, poi inserito nel libro del Genesi anteposto al libro dell’Esodo.
I RACCONTI DEI PATRIARCHI SONO VERA STORIA?
La storia è non solo da oggi una vera scienza, che si basa su fonti spesso oggettivamente attendibili, mentre non era così nell’antichità. Allora gli autori non davano importanza all’esattezza della cronaca o all’attendibilità delle fonti, ma scrivevano per rivelare quanto essi reputavano fosse il senso profondo degli eventi e delle circostanze narrate; cioè puntavano a cogliere un significato che stesse al di là dei singoli avvenimenti, e che, nel caso specifico degli autori della Bibbia, è l’azione di Dio, Signore della storia.
Nel Medio Oriente antico mito e storia convivevano felicemente.
Il mito esprime il reale, ma in maniera astratta, lo ricollega ad un evento primordiale già accaduto, che si ripete, e che fa parte del mondo trascendente. Il mito non è mai situabile in un tempo ed in uno spazio preciso. Non fu così con gli Ebrei, che si differenziarono dai Cananei e da gli altri popoli del Medio Oriente perché non posero un mito all’inizio della loro storia, ma fatti storici, compiuti da uomini della propria stirpe. Questi fatti furono presentati secondo lo stile dei racconti che circolavano in quel tempo, come le storie della salvezza, dove un dio protettore prometteva al capostipite di un clan benessere e prosperità.
Possiamo dire che i racconti dei Patriarchi hanno un nocciolo storico, nel senso moderno del termine, rivestito da una teologia che vuole trasmettere un messaggio importante per la fede e non si preoccupa di eventuali incongruenze storiche. Così Abramo Isacco e Giacobbe, capi di clan separati, vengono di fatto presentati come parenti (padre figlio e nipote) e le loro storie sono state fuse in un unica storia della salvezza. Ecco altre incongruenze: Abramo viene fatto partire da città differenti in Gen 12,4 e 15,7; viene fatta menzione dei Caldei, che non esistevano ancora; si parla di Filistei e di Aramei che non erano ancora giunti nella zona a quel tempo; la citazione di Mamre è anacronistica perché secondo l’archeologia non esisteva ancora al tempo dei Patriarchi…
I racconti dei Patriarchi non vanno visti come una semplice biografia degli antenati di Israele, né una cronaca fedele delle loro peregrinazioni, ma come racconti teologici. Per questo non è culturalmente sostenibile né religiosamente seria una lettura fondamentalista dei racconti, che li interpreti letteralmente (vedi L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa della Pontificia Commissione Biblica, 1993). In queste narrazioni va sempre distinto un nucleo storico, alla chiarificazione del quale le discipline storico-archeologiche da secoli variamente si dedicano, dalla riflessione teologica dell’autore, che vuole rivelare l’identità del Dio d’Israele.
I racconti dei Patriarchi sono un modo con cui gli autori sacri manifestano la loro fede nell’opera di Dio nella propria storia, confessando la sovranità del Signore su quanto era avvenuto, avviene e avverrà.
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