Eucaristia: 8 dicembre 2020

L’Immacolata

Un pensiero iniziale

Fin dall’antichità le comunità cristiane hanno pensato spesso a Maria come “immacolata”, come preservata, per dono di Dio, dal peccato. E ciò a partire dal vangelo di Luca che, come ascolteremo fra poco, presenta Maria come “piena di grazia” anzi, letteralmente, come “colei alla quale Dio ha rivolto, in modo definitivo, il suo favore”.

Ma la liturgia oggi non si limita a celebrare Maria. La liturgia ci invita a considerare, grazie a Maria, quella che è e deve essere anche la nostra vita. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che Dio rivolge anche a noi il suo favore e il suo amore. E, grazie a questo intervento di Dio in noi e alla nostra risposta a Lui, il suo amore raggiunge tutta l’umanità e il creato.

Prima lettura

La prima lettura è una pagina di uno scrittore vissuto verso il 950 avanti Cristo, al tempo del re Davide o di suo figlio Salomone. Lo scrittore – uno dei più grandi dell’Antico Israele – riflette sulla presenza del male nella storia dell’umanità. A suo giudizio il male è, nello stesso tempo, la rottura di due relazioni: la relazione con Dio e la relazione con gli altri.

Per spiegare questo suo messaggio, lo scrittore racconta dell’uomo che rifiuta Dio disubbidendo al suo comando: «non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male». Conoscere il bene e il male vuol dire conoscere tutto. E mangiare di questo albero è, nel racconto del nostro scrittore, impossessarsi di questa conoscenza, pretendere di conoscere tutto, rifiutare i propri limiti e porsi al posto di Dio.

E quando l’uomo si lascia prendere da questa bramosia, che lo scrittore rappresenta con l’immagine del serpente, l’uomo rifiuta Dio ma rifiuta anche la donna. Invece di essere solidale con lei e di riconoscere la propria colpevolezza accanto alla donna, il racconto ci mostra un uomo che rifiuta la donna: accusa la donna e accusa Dio di avergliela messa al fianco: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato».

Anche la donna rifiuta la propria responsabilità: la disobbedienza – dice lei – è colpa della bramosia, la bramosia che è dentro ciascuno di noi e che ci inganna: «il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Dal libro della Genesi (3,9-15.20)

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato».

Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Allora il Signore Dio disse al serpente:

«Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici!

Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.

Io porrò inimicizia fra te e la donna,

fra la tua stirpe e la sua stirpe:

questa ti schiaccerà la testa

e tu le insidierai il calcagno».

L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Salmo 97/98

Sullo sfondo della prima lettura, con l’umanità intera che, per bramosia, si separa da Dio e dai fratelli, il salmo è una sorpresa. Esso ci invita a fidarci di Dio: Dio che si ricorda del suo amore per noi, Dio che è fedele alla casa d’Israele e all’umanità intera. Così, davanti a questo amore, ciascuna e ciascuno di noi può, con la terra intera, rallegrarsi e cantare la propria gioia. La gioia è per l’opera di Dio: la sua salvezza, la sua giustizia, il suo amore, la sua fedeltà. È la gioia per quanto Dio ha compiuto nella storia, in Maria, nell’umanità, e per quanto egli continua a compiere nella nostra vita.

Ritornello:   Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

1 Cantate al Signore un canto nuovo,

perché ha compiuto meraviglie.

Gli ha dato vittoria la sua destra

e il suo braccio santo.

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

 

2 Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,

agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

3 Egli si è ricordato del suo amore,

della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

 

Tutti i confini della terra hanno veduto

la vittoria del nostro Dio.

4 Acclami al Signore tutta la terra,

gridate, esultate, cantate inni!

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

Seconda lettura

La pagina della lettera ai cristiani di Efeso, pagina della quale ascolteremo due brevi passi, è un vero regalo. È una preghiera che l’autore compone pensando all’intera storia del mondo, addirittura fin da “prima della creazione del mondo”. Infatti, prima che colui che è “Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo” avesse a creare ogni cosa, aveva già pensato a noi e ci aveva “benedetti con ogni benedizione, in Cristo”. Infatti, con un atto di amore ci ha “scelti per essere santi”, cioè, per “diventare suoi figli per mezzo di Gesù”, il figlio per eccellenza.

Questo progetto Dio l’ha già realizzato in Maria e ora – lo sentiremo leggere tra un attimo – lo realizza in noi. Ed è un progetto del quale possiamo fidarci nonostante tutte le nostre fragilità. Infatti è Dio stesso a realizzarlo, Dio che, dice l’apostolo, “tutto opera”.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (1,3-6.11-12)

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,

che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo

per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,

predestinandoci a essere per lui figli adottivi,

mediante Gesù Cristo,

secondo il disegno d’amore della sua volontà,

a lode dello splendore della sua grazia,

di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

In lui siamo stati fatti anche eredi,

predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà –

a essere lode della sua gloria,

noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

Vangelo

La pagina di Luca che ascolteremo tra un attimo è una mirabile sintesi di quanto la comunità cristiana delle origini pensava a proposito di Gesù. Attraverso il racconto del dialogo tra l’angelo e Maria, Gesù è presentato come discendente e successore del re Davide, anzi come colui che regnerà per sempre, soprattutto come “Figlio dell’Altissimo” e come “Figlio di Dio”.

Inoltre il vangelo ci presenta l’esistenza di Gesù, dall’inizio fino alla morte e risurrezione, come caratterizzata da “Spirito Santo”, cioè da quel soffio di Dio che interviene fin dalla creazione del mondo, quando “lo spirito del Signore aleggiava sulle acque” (Gen 1,2).

Ma anche tutta la storia umana, come quella dell’antico Israele all’uscita dall’Egitto, è caratterizzata dalla “potenza dell’Altissimo”: è la presenza di Dio come una nube o un’ombra che indica – nel deserto – la strada da prendere, un’ombra che accompagna e che guida il suo popolo (Es 40,34-38).

È a partire da questi tratti dell’Antico Testamento che il Vangelo ci permette di capire la strada che Gesù compirà. Ed è una strada resa possibile dall’assenso che Maria dà al piano di Dio. Un assenso che una donna – una donna molto turbata e che si interroga sulla presenza di Dio nella sua vita – dà con una frase estremamente densa: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.

Come Maria, ciascuna e ciascuno di noi, tutti siamo invitati a riconoscerci servi del Signore e a permettergli di agire nella nostra vita.

Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo: il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla e impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Preghiera dei fedeli

* La pagina della Genesi ci parla di un uomo e di una donna che, invece di assumersi le proprie responsabilità, danno la colpa ad altri: l’uomo dà la colpa alla donna e a Dio; la donna alla forza del male che seduce. Eppure tu, o Dio, invece di lasciare che noi ci perdiamo, ti fai presente: ci rivolgi la parola e ci annunci un futuro che va al di là di quanto possiamo immaginare. Che questo racconto possa aiutarci a ritrovare fiducia – fiducia in te – nonostante i nostri sbagli.

* Il Salmo che abbiamo ascoltato dà nuovo spessore alla nostra preghiera: tu ci rendi attenti alle meraviglie che continui a operare nella creazione e nella storia, soprattutto ci rendi attenti al tuo amore che ha sorpreso una ragazza come Maria, una ragazza che, con il suo “sì”, ha aperto all’umanità e a ciascuna e ciascuno di noi un futuro diverso, un futuro per il quale, con tutta la terra, possiamo “gridare, esultare, cantare inni”.

* Anche la Lettera agli Efesini ci parla, o Signore Dio, del tuo “disegno d’amore”: tu ci hai scelti “per essere santi e immacolati” di fronte a te nell’amore. E così hai voluto fare – di ciascuna e ciascuno di noi – una sorella o un fratello di Gesù, tuo Figlio. Perciò, o Padre, noi siamo diventati tuoi figli, tue figlie. Aiutaci, o Padre, a vivere – giorno dopo giorno – questa relazione d’amore filiale verso di te.

* Nel racconto di Luca noi abbiamo una donna, una fanciulla, che ci insegna a rispondere a Dio, a parlare con il Dio nascosto che attendiamo e cerchiamo da sempre, e spesso con troppa angoscia nel cuore. E questa fanciulla ci aiuta ad aprirci a te con estrema semplicità, ci insegna a dirti: “ecco sono una persona che vuole mettersi al tuo servizio: « avvenga per me secondo la tua parola»”.

Preghiera finale

A te, o Padre

A te, o Padre, creatore dei mondi,

che sei dovunque nel cuore degli uomini,

e mite assisti alle nostre preghiere

il nostro grazie vogliamo cantare:

 

è una vergine il vero tuo cielo,

segno messianico atteso da sempre,

l’arca dei tempi che porta il Signore,

ove ci parli più ancora che all’Eden.

 

Eppur non era che una fanciulla,

certo ignara di come l’avevi

nella tua grazia recinta e difesa

quand’era appena una perla di sangue.

 

Per questa donna noi ora cantiamo,

perché lo Spirito è sceso su lei:

con l’ombra sua la copre l’Altissimo,

figlio di Dio sarà il suo figlio.

 

O Trinità, misteriosa e beata,

noi ti lodiamo perché ci donasti

la nuova aurora che annuncia il giorno:

Cristo, la gloria di tutto il creato[1].

[David Maria Turoldo, sacerdote e poeta friulano: 1916-1992]


[1] D. M. Turoldo – G. Ravasi, «Nella tua luce vediamo la luce». Tempo ordinario, solennità del Signore, feste dei Santi. Commento alle letture liturgiche, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004, p. 862.

> testo (pdf)