Eucaristia: 5 gennaio 2025
seconda domenica dopo Natale
La sapienza e la Parola
Prima lettura
Come prima lettura questa mattina ascolteremo un poema composto da un maestro ebreo, Gesù figlio di Sirac. Si tratta di un uomo che ha composto un manuale per la formazione dei giovani di Gerusalemme. Voleva aiutarli ad imparare la sapienza. E la sapienza ha un posto importante nel suo libro[1], nel primo capitolo e nell’ultimo, e anche nel capitolo centrale, quello che leggeremo, almeno in parte, stamattina.
Qui l’autore fa parlare la sapienza stessa. E il poema è proprio introdotto da queste parole: «La sapienza fa il proprio elogio». Il nostro poema deve dunque essere compreso come un discorso della sapienza stessa, la sapienza che deve manifestarsi nel suo popolo e nell’assemblea religiosa. In questo poema la sapienza si presenta come una donna, una donna che prende la parola. Come la creazione è stata chiamata all’esistenza dalla parola di Dio, anche la sapienza è uscita dalla bocca di Dio e percorre tutta la creazione, dalle altezze del cielo alle profondità del mare. Ma la presenza della sapienza in tutta l’opera di Dio ha una destinazione precisa: Dio vuole che essa possa rizzare la sua tenda in un popolo, il popolo d’Israele. Il nostro scrittore mette in bocca alla Sapienza queste parole: «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”» (v. 8).
E noi questa mattina, ascoltando questo poema, siamo invitati a lasciarci guidare dalla sapienza, siamo esortati a permettere che la sapienza possa rizzare la sua tenda anche nella nostra comunità e nei nostri quartieri.
Dal libro del Siràcide (24,1-4 e 8-12)
1 La sapienza fa il proprio elogio,
in Dio trova il proprio vanto,
in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.
2 Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,
3 in mezzo al suo popolo viene esaltata,
nella santa assemblea viene ammirata,
4 nella moltitudine degli eletti trova la sua lode
e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:
8 «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse:
“Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei eletti” .
9 Prima dei secoli, fin dal principio,
egli mi ha creata, per tutta l’eternità non verrò meno.
10 Nella tenda santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
11 Nella città che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
12 Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità,
nell’assemblea dei santi ho preso dimora».
Parola di Dio
Salmo
Il Salmo 147 è stato composto probabilmente verso la fine del quinto secolo a.C[2]. Era l’epoca, durante la quale Gerusalemme, un secolo dopo la fine dell’esilio a Babilonia, conosce un movimento di ricostruzione: ricostruzione a livello dell’edilizia e soprattutto del tessuto sociale. Ma il nostro salmo considera la ricostruzione in corso come il risultato dell’intervento di Dio stesso.
Il Salmo si compone di tre parti. La prima (versi 1- 6) ci invita a cantare a Dio perché egli ricostruisce Gerusalemme, riunisce gli esiliati e «risana i cuori affranti» (v. 3). L’onnipotenza di Dio si esercita nel cielo, fino alle stelle, ma anche sulla terra, nella società.
La seconda parte (versi 7-11) è un invito a cantare a Dio perché egli agisce nella creazione attraverso i cicli della natura, dando la pioggia che permette ai vegetali di germogliare di nuovo. Dio si prende cura del nutrimento di tutto il bestiame ma anche dei piccoli uccelli, letteralmente dei figli del corvo che gridano la loro fame (v. 9). Sì, Dio si prende cura delle piccole creature e, a maggior ragione, si prende cura degli uomini e delle donne che lo chiamano, «di coloro che lo rispettano e mettono la loro speranza nel suo amore» (v. 11).
Della terza parte (versi 12-20) stamattina leggeremo tre strofe.
* La prima è ancora un invito a lodare Dio. Ma questa volta l’invito è diretto a Gerusalemme. E la città è presentata come una donna, i suoi abitanti come i suoi «figli» (v. 13), i figli che lei ha generato e che vivono nella sua intimità. E Dio? Dio è colui che protegge questa donna e i suoi figli. Dio è il Dio di questa donna e mamma. Egli è – così dice il poeta – «il tuo Dio», «il tuo Elohim».
* Nella seconda strofa Dio è colui che vuole la tua pace e che assicura il tuo nutrimento attraverso la successione delle stagioni: inverno ed estate. Ma Dio non si limita a nutrire: alla sua famiglia amata e a tutta la terra egli manda anche la sua parola. E il poeta ci assicura: «la sua parola corre veloce» (v. 15).
*Infine la terza strofa. Dopo aver sottolineato il ruolo della parola a livello della natura, il poeta evoca le parole, «i suoi decreti e le sue norme di diritto» rivolte a Israele. E scegliendo Israele tra i popoli, Dio permette a Israele e anche agli altri popoli di conoscere e di mettere in opera le sue norme di diritto. È così che si avrà la pace e che Dio sarà veramente glorificato nel mondo[3].
Quanto a noi, quest’oggi le parole del salmo ci richiamano – in particolare – un «figlio» di Gerusalemme: Gesù. Infatti è attraverso Gesù che Dio vuole stabilire la pace nel mondo. E’ lui il «fiore di frumento» (v. 14) che ci sazia ora e per sempre. Da qui il nostro ritornello alla fine di ogni strofa:
Glorifica il Signore Gerusalemme.
È lui il principe della pace e il frumento che ci sazia.
Salmo 147 (versetti 12-13. 14-15. 19-20)
12 Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
13 perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Glorifica il Signore Gerusalemme.
È lui il principe della pace e il frumento che ci sazia.
14 Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
15 Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
Glorifica il Signore Gerusalemme.
È lui il principe della pace e il frumento che ci sazia.
19 Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e le sue norme di diritto a Israele.
20 Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.
Glorifica il Signore Gerusalemme.
È lui il principe della pace e il frumento che ci sazia.
Seconda lettura
La lettera ai cristiani di Efeso è stata scritta dall’apostolo Paolo o, forse più probabilmente, da un suo discepolo che scrive verso gli anni 80 o 90 del primo secolo.
E questa lettera è un vero regalo. Di essa, stamattina ascolteremo due piccole sezioni.
La prima sezione è una preghiera che l’autore compone pensando a tutta la storia del mondo e risalendo anche a «prima della creazione del mondo» (v. 4).
Infatti, già prima della creazione del mondo, colui che è Dio e «Padre del Signore nostro Gesù Cristo» aveva già pensato a noi e «ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (v. 3). In effetti, con un atto d’amore ci ha scelti «per essere santi» nell’amore, e per essere suoi «figli adottivi mediante Gesù Cristo», il Figlio per eccellenza. Questo progetto Dio lo realizza in noi, ed è un progetto del quale possiamo fidarci nonostante tutte le nostre fragilità. In effetti è Dio stesso che lo compirà, Dio che realizza tutto secondo le decisioni della sua volontà (v. 11).
Nella seconda sezione (vv. 15-18) è l’autore stesso a prendere la parola. Egli ha avuto notizia del comportamento degli Efesini, della loro fede e del loro amore, un amore aperto, ecumenico[4], «verso tutti i santi» (v. 15). E, quando questa apertura si realizza, quando i cristiani amano « tutti » coloro che credono in Gesù, l’autore della lettera non può che ringraziare Dio (vv. 15-16).
Oltre a ringraziare Dio per quanto gli Efesini già stanno vivendo, l’autore chiede a Dio di donare loro «uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui» (v. 17).
Questa è la preghiera per la comunità di Efeso verso la fine del primo secolo. Ma questa preghiera vale anche per noi oggi. Anche noi, quasi due millenni dopo gli Efesini, abbiamo bisogno di questo spirito di saggezza per discernere il progetto di Dio nella nostra vita.
Dalla lettera agli Efesini (1,3-6.15-18)
3 Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. 4 In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, 5 predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, 6 a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
15 Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, 16 continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, 17 affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; 18 illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.
Parola di Dio.
Alleluia, alleluia.
Gloria a te, o Cristo, annunziato a tutte le genti;
gloria a te, o Cristo, creduto nel mondo. (Cf. 1 Tim 3,16)
Alleluia.
Vangelo
Giovanni comincia il suo Vangelo con una prefazione (1,1-18). In essa egli riassume il mistero di Gesù che poi sarà raccontato ampiamente nel seguito del Vangelo. Come in una ‘ouverture’ di un’opera musicale, Giovanni – in forma molto poetica – introduce brevemente i temi più importanti: l’identità di Gesù e il suo ruolo nella storia dalla creazione e fino ad oggi. Di fronte a lui che è il Rivelatore e la Parola di Dio per eccellenza, gli uomini devono scegliere: accoglierlo come la luce e la guida nella vita di ogni giorno, oppure rifiutarlo e restare nelle tenebre.
Un altro tratto molto importante l’abbiamo all’inizio e alla fine del prologo. Il primo versetto qualifica Gesù come «la Parola», letteralmente come la Parola che è in Dio e che è sempre in tensione – una tensione d’amore – verso Dio. E l’ultimo versetto torna su questa idea: Gesù può rivelare Dio perché egli è presso Dio, egli «è proteso verso l’intimità del Padre», in una tensione d’amore verso di lui.
Ma la relazione di Gesù con il Padre non è un dato teorico. È una realtà che noi possiamo toccare con le nostre mani. In effetti, Gesù, la Parola che è sempre con Dio, «si è fatta carne» (v. 14) e ha condiviso la nostra debolezza, la nostra condizione precaria. Giovanni ci dice: «la Parola si è fatta carne e ha posto la sua tenda tra noi» (v. 14). E il fatto di annunciare che Gesù ha rizzato la sua tenda, la sua tenda fragile in mezzo a noi, fa di questo annuncio un bell’annuncio, un vero Vangelo[5].
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18)
11 In principio era la Parola, e la Parola era rivolta verso Dio ed era, la Parola, Dio. 2 Lei era, in principio, rivolta verso Dio. 3 Tutte le cose attraverso di lei vennero all’esistenza, e senza di lei nulla di ciò che esiste venne all’esistenza. 4 In lei vita era, e la vita era la luce degli umani; 5 e la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno dominata.
6 Ci fu una persona, mandata – per decisione definitiva – da Dio: il suo nome (era) Giovanni. 7 Egli venne per una testimonianza, per dare testimonianza a proposito della luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma (era) per rendere testimonianza a proposito della luce.
9 La luce, quella vera, quella che illumina ogni umano, stava venendo nel mondo. 10 La Parola nel mondo era, e il mondo venne all’esistenza per mezzo di essa, eppure il mondo non l’ha (ri)conosciuta. 11 Venne fra i (beni) che gli appartengono, ma le persone che gli appartengono non l’hanno ricevuta. 12 A quanti però l’hanno accolta, ha dato potere di diventare figli e figlie di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 essi che non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di un umano, ma da Dio sono stati generati.
14 Sì, la Parola si è fatta carne e ha posto la sua tenda tra noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli rende testimonianza; egli ha gridato dicendo: «Era lui colui del quale ho detto: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché prima di me era». 16 Infatti, dalla pienezza di lui noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia su grazia. 17 Perché la legge è stata data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero all’esistenza per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio nessuno l’ha mai visto: l’unigenito Dio, colui che è proteso verso l’intimità del Padre, lui lo ha rivelato.
Parola del Signore.
Preghiera iniziale
Dio dei nostri padri e Signore della misericordia,
che tutto hai creato per mezzo della tua parola,
donaci la stessa sapienza che assiste te sul trono:
noi siamo infermi e di breve durata,
uomini incapaci di emettere un giudizio:
mandala, la tua sapienza, dai tuoi alti cieli
perché con noi viva e con noi lavori,
e tutti sappiano ciò che ti è gradito
e subito lo eseguiscano. Amen[6].
[David Maria Turoldo, sacerdote e poeta: Italia, 1916-1992]
Preghiera dei fedeli
* Gesù figlio di Sirac ci annuncia una sapienza che deve trovare il suo luogo di riposo in un popolo. Aiutaci, Signore, a comportarci in modo tale che, anche nei nostri paesi, la sapienza possa rizzare la sua tenda ed esercitare la sua autorevolezza. E che questa sapienza, e lei sola, possa dirigere le nostre azioni.
* Parlando del Signore, il poeta del salmo ci dice: egli «Manda sulla terra il suo messaggio: la sua parola corre veloce». Ebbene, rendici attenti e attente, Signore, alla tua parola! Infatti, è attraverso la tua parola che tu costruisci e stabilisci la pace nelle nostre famiglie, nei nostri quartieri, nel nostro paese e su tutta la terra. Fa’ che questa nostra fiducia nei confronti della tua parola possa essere presente e resistere – in noi – anche nei momenti dolorosi e talvolta tragici che ci possono capitare.
* Scrivendo agli Efesini, l’autore parla della sua preghiera perché la sapienza possa animare la comunità, perché è lei che può «farvi comprendere a quale speranza Dio vi ha chiamati» e «quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi». Che questa preghiera sia anche la nostra. E così anche noi potremo scoprire Dio e il fututo che egli ha preparato per noi accanto a lui, «fra i santi».
* Nel Vangelo Giovanni fa cadere le nostre illusioni. Dio è al di là delle nostre possibilità: «Dio nessuno l’ha mai visto». Ma tu, Gesù, tu che sei «la Parola» fatta carne e fragilità, tu hai rizzato la tua tenda tra noi, condividendo la nostra condizione provvisoria e instabile in questo mondo. E questa tua solidarietà a questa nostra condizione umana ci incoraggia giorno dopo giorno. Per essere diventato nostro fratello, noi vogliamo ringraziarti e vogliamo chiederti di continuare a sostenerci in questo nostro cammino fraterno.
[1] Cf. L’Antico Testamento. Siracide con testo e note di commento a fronte, a cura di G. Vigini, consulenza di T. Lorenzin, Paoline, Milano, 2007, p. 144.
[2] Cf. I Salmi, a cura di G. Ravasi, BUR, Classici, 2015, p. 424.
[3] Cf. E. Zenger, in F.-L. Hossfeld – E. Zenger, Psalmen 101-150, Herder, Freiburg – Basel – Wien, 2008, p. 835.
[4] Cf. A. Dettwiler, Épître aux Éphésiens, in Le Nouveau Testament commenté, sous la direction de C. Focant et D. Marguerat, Bayard – Labor et fides, Paris – Genève, 2012, p. 846s et 851.
[5] Per una traduzione abbastanza simile a quella riportata qui sotto e per una presentazione del ‘portale’ d’ingresso nel Vangelo di Giovanni, cf. E. Borghi, Il cammino dell’amore. Lettura del vangelo secondo Giovanni, Edizioni terra santa, Milano, 2016, p. 25ss
[6] D. M. Turoldo – G. Ravasi, « Viviamo ogni anno l’attesa antica ». Tempo di Avvento e di Natale. Commento alle letture liturgiche, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 2002, p. 151s.