Presentazione Marco-nuova trad_continuaz

essa è chiara ed accessibile a tutti. Questo è vero, purché non si prenda come alibi per non affrontarne uno studio approfondito, contrapponendolo con faciloneria e modalità donchisciottesca ad una lettura “letterale”. Questo modo di pensare è “fondamentalismo”, ed è diffuso sia tra i cattolici, sia tra i protestanti. Si pretende di escludere dal­la lettura della Bibbia ogni analisi critica, condannata a priori come arroganza della ragione umana che vorrebbe farsi giudice della parola di Dio.

In realtà, questa tesi è ingenua e semplicistica, anzi addirittura totalmente sbagliata. È frutto del pregiudizio che la ragione umana danneggi od ostacoli la fede. La Chiesa cattolica invece insegna che il credente non solo non deve smettere di usare la ragione ma è chiamato anzi ad essere più ragionevole che è possi­bile. Il Concilio Vaticano II, nella Dei Verbum, dichiara che «Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini e alla maniera umana» (DV, n. 12). Poiché è opera di uomini e linguaggio umano, la Bibbia non è dunque diret­tamente ed esclusivamente “parola di Dio”; è un prodotto storico, di una certa epoca e di una certa cultura, perciò non può sfuggi­re a un esame critico. Il fondamentalismo rifiuta lo studio scientifico della Bibbia con l’ingannevole pretesto che basta la fede “semplice”. Ma è facile capire che la fede, quando è separata e contrapposta alla ragione – come nel fondamentalismo – è esposta al rischio di diventare incontrollabile, selvaggia o perlomeno ingenua credulità. Una lettura “devota”, ma non critica, della Bibbia rischia di tra­sformarsi in una pura e semplice legittimazione delle proprie o­pinioni: si trova nella Bibbia quel che già si pensava!

È in questo orizzonte di considerazioni che si capisce l’utilità di un commento al testo biblico. L’esegesi scientifica rende un servizio utile a tutta la Chiesa e ai singoli credenti, cui è destinata la Bibbia per essere compresa, custo­dita e fatta conoscere. Del resto la necessità di interpretare o spiegare sia la rivela­zione che Dio ha fatto di sé, sia la testimonianza scritta della rivelazione che è la Bibbia, è documentata all’interno della Bib­bia stessa.

5. Considerazioni sul alcuni passaggi esemplificativi

Il commento proposto, pur nella sua sinteticità, offre elementi che arricchiscono certamente il lettore. Indichiamo alcuni passaggi, come ad esempio, il commento a Mc14,12-25 e la preziosa riflessione sull’inversione delle parole di Gesù sul pane e sul calice: «Il mio corpo è questo… il mio sangue dell’alleanza è questo». Un altro passo che segnalo per la freschezza del commento è Mc 6,30-56, di cui leggo solo alcune righe che riprendono riassuntivamente il significato della prima moltiplicazione dei pani:

 

«Chi possiede pani e pesci deve condividerli e servirli alla folla. In questo modo si rende visibile l’amore e la grande generosità del Creatore, che si manifesta Provvidente per mezzo dei suoi. Il messaggio di Gesù viene compreso soltanto quando i discepoli indossano il grembiule del servizio. In questo modo “tutti” comprendono che il cibo offerto da Dio non esclude nessuno (quanti potevano essere “indegni” in quella primitiva Eucarestia?) e “sazia” le necessità di tutti. Inoltre non viene specificato che furono i discepoli a raccogliere quanto era avanzato: i pezzi avanzati non hanno “padrone”, sono a disposizione per essere nuovamente condivisi. La folla ha compreso il messaggio più che i discepoli stessi: la condivisione è l’unica via per saziare l’umanità e umanizzare le relazioni (la “folla”, alla fine, si è trasformata in “uomini”)» (p. 98).

Sempre indicando alcuni esempi, ecco un altro passaggio che mi sembra stimolante perché riesce a riassumere in modo chiaro e provocante il frutto di un faticoso e complesso lavoro esegetico, è quello dedicato a Mc 15,42 – 16,8.

Affido la parola al commento sulla finale del vangelo di Marco: «Fino alla fine permane lo “scarto” tra Gesù e i suoi discepoli, incapaci di comprendere e accogliere l’evangelo. Ma per Marco, una tale distanza non è indice dell’impossibilità di seguire Gesù. Lo scarto, così come viene raccontato nel secondo vangelo, sollecita quella “ripresa” enunciata proprio dalle parole dell’angelo al versetto precedente. La Galilea, infatti, costituisce il punto di partenza dell’avventura dei seguaci di Gesù (cfr. 1,14ss). Annunciare che il Risorto li precede in Galilea significa invitare a ricominciare dall’inizio l’itinerario discepolare – e per chi legge, riprendere daccapo il racconto metterne in conto la rilettura. Nella pagina conclusiva comprendiamo la strategia narrativa di Marco, che fa dei credenti degli eterni principianti, a cui indica la via per ricominciare sempre daccapo» (pp. 229-230).

Infine, sia pure di sfuggita, apprezziamo la presenza di un’appendice veramente utile su Leggere il vangelo secondo Marco verso la fede cristiana, curata da Ernesto Borghi e da Roberto Geroldi. La posta in gioco è quella che una lettura continuativa del vangelo secondo Marco permette di confrontarsi con la parola di Dio nelle due direzioni che sono anche le direttrici specifiche del vangelo marciano: l’ingresso nella fede cristiana e la comunione di vita con l’amore di Dio in Cristo Gesù, di cui l’ultima Cena è il momento di familiarità culminante tra il Nazareno e gli esseri umani…

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