Monografie – No 29
Leggere il libro di Daniele oggi

a cura di Pier Luigi Galli Stampino

 

Prefazione di Eric Noffke

È difficile sottovalutare l’importanza storica, letteraria e teologica del libro di Daniele. Unica vera apocalisse della Bibbia ebraica/Antico Testamento, con buona probabilità è il più recente tra i libri del canone ebraico. Nonostante cadesse al di fuori dei criteri stabiliti dai maestri d’Israele che fissarono il canone veterotestamentario tra la fine del I e il II secolo d.C., la sua intrinseca autorità (e la presunta collocazione in epoca persiana), gli assicurarono la dovuta legittimità, anche se come parte della sezione degli “Scritti”, e non tra i profeti, come per i cristiani.

Basterebbe anche un’occhiata alla storia degli effetti delle visioni di Daniele, per capire quanto abbia ispirato generazioni di credenti in momenti importanti della storia del cristianesimo (la rivoluzione di Cromwell2 o la nascita della chiesa avventista, solo per fare due esempi). Le visioni di Daniele, con la loro originale lettura dell’intervento di Dio nella storia, hanno pure ispirato non poche teologie politiche.

Oggi è uno dei libri biblici più studiati, perché testimone speciale di un momento chiave della storia d’Israele: l’epoca dei Maccabei. Tra l’inizio del conflitto che vide contrapposti ebrei filelleni e tradizionalisti e lo stabilirsi della monarchia asmonea, infatti, in Terra d’Israele si assiste alla fine del mondo sadocita e all’inizio di una nuova epoca, segnata da un ancora più marcato pluralismo. È in questi decenni che si sviluppano i partiti principali del tempo di Gesù, cioè i farisei, gli esseni e i sadducei. Daniele, chiunque sia il suo geniale autore, sta alla base della teologia dei primi due gruppi.

Daniele, infatti, coniuga due tradizioni fino a quel momento se- parate e reciprocamente ostili: il giudaismo enochico e quello sadocita. Il primo aveva come riferimento le visioni di Enoc e propugnava una visione negativa del mondo, guastato dal peccato degli angeli vigilanti, ma aperto ottimisticamente alla vita eterna per i giusti, dopo il giudizio finale ad opera del Figlio dell’uomo. Per i sadociti, invece, il punto di riferimento era la rivelazione al Sinai della Toràh (praticamente ignorata dall’enochismo), guida divina per una vita esclusivamente compresa tra la nascita e la morte. Farisei, esseni e poi cristiani, sulla scia di Daniele, presupporranno una visione enochica del mondo dove, però, la Toràh (variamente interpretata) diviene criterio etico fondamentale.

Senza Daniele, dunque, sarebbe difficile capire le radici del cri- stianesimo e della sua teologia. Eppure è sovente poco conosciuto dal pubblico più ampio, perché considerato “difficile da leggere”; di qui l’importanza delle pagine che seguono, il cui scopo è proprio favorirne la divulgazione. …

 

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