Anno XXII – Giugno 2024 – Numero 30

EDITORIALE

Che cosa è il post-teismo?

Da alcuni anni, in varie parti del mondo, anzitutto a livello ac- cademico, si è sviluppato un dibattito relativo alla necessità o meno di superare l’idea di Dio delle religioni rivelate per andare “oltre” 1. Le considerazioni che seguono non intendono essere altro che un modo per entrare nella questione, non anzitutto per condividere le posizioni di chi è paladino più o meno determinato di queste prospettive, ma per fornire a lettrici e lettori della nostra rivista qualche elemento conoscitivo iniziale in termini essenzialmente divulgativi.

Dio è in alto, noi siamo in basso. Di fatto egli si chiama trascendente e noi immanenti. Dio nella soprannatura e noi nella sotto natura. Una volta si raccoglieva quello che Dio mandava o permetteva: in caso di sic- cità con la pioggia e in caso di uragani inviando il solleone. Secondo una persuasione diffusa si subiva la malattia in caso di cattiverie del genere umano, e tante benedizioni nel caso che si fosse “persone giudiziose”. Il Dio trascendente – è una sorta di caricatura per farmi capire – appariva così: la barba bianca, vestito diafano, che gratificava i bambini con le caramelle, ed i bambini cattivi con il diavoletto che turbava i loro sonni.

Questa teoria nel cuore e nella mente di tante persone non esiste più. Mi riferisco a Dio padre nell’alto dei cieli che si fa pregare e noi in una valle di lacrime a subire ogni tormento. Questo dualismo che fa Dio in cielo e noi in terra è quello tradizionale praticato finora, ossia da quando, per esempio, il vecchio Giobbe si vedeva condannato in un letamaio e si mise a strepitare contro Dio, o da quando la peste nel 1347, nel giro di tre anni, riuscì a spazzare via una popolazione complessiva di 80 milioni di abitanti o fino alla pandemia recente, che se non ha fatto gli stessi disastri va ringraziata la medicina.

E poi pensiamo alle guerre, gli omicidi, alle torture, ai bambini non nati e a quelli deceduti con morte prematura. Bisogna riconoscere che la maggioranza delle disgrazie di oggi si realizza perché noi lo vogliamo. Sarebbe risolto quasi tutto con la condivisione dei beni sulla terra, con il cessare degli armamenti, con il darsi una regola morale per tutti gli esseri umani. Ed il mondo si aggiusterebbe in gran parte.

Il dualismo “Dio onnipotente / esseri umani impotenti” è quello che, mi pare, porta anche molta gente all’ateismo, all’agnosticismo ed al cielo che sarebbe vuoto. È questa l’immagine del Dio ebraico e cristiano che l’umanità si è portata dietro – temo e penso – da quando il mondo è mondo. Quest’idea di Dio terroristica e “interventista” va abbandonata. Ed ecco qui allora che va bene la trasformazione di un Dio “teista” del passato a un Dio “post-teista” del presente e del futuro. Che vuol dire un Dio al di là delle religioni. Ci spiace che la parola trans abbia oggi un significato equivoco. Ma trans all’origine significa non “oltre Dio” in assoluto, ma oltre il Dio espresso nell’immagine purtroppo errata che ci siamo fatti nel mondo passato.

Indubbiamente il Gesù dei vangeli ci ha detto di pregare senza mai stancarci. Ci ha detto di pregare perché possiamo cambiare noi stessi, la nostra coscienza, il nostro mondo interiore e tutto andrà bene. Ed in effetti Lui ha deciso che la pace fra gli esseri umani dipende da noi. È qui c’è un salto da fare, dalla proposta “teistica”, procedere verso la “post- teistica”. Noi siamo manifestazioni di Dio. Ma sulla terra noi dobbiamo agire mettendoci in gioco con la nostra responsabilità.

E qui va integrato oggi anche il concetto di provvidenza. Il Gesù matteano dice che anche i capelli del nostro capo sono contati (cfr. Mt 10,30) e che anche gli uccelli del cielo sono mantenuti da Dio (cfr. Mt 6,26). Anche questo vuol dire che Dio è creatore, ma non interventista. Egli ama l’essere umano, è indulgente, capisce il nostro anelito. Se il “teismo” non serve più perché era un modo di concepire Dio nel passato, è perché è giusto che ci sia il post-teismo attuale. La Chiesa di Gesù Cristo rivivrà secondo questa evoluzione necessaria per arrivare ad un’autentica fedeltà al suo Signore.

Siamo in un mondo in trasformazione. Su questo aspetto occorre fare attenzione ad un equivoco. Il pensare che all’origine tutto fosse perfetto e che dopo la caduta del peccato originale tutto fosse decadenza, con la venuta di tutti i mali del mondo è una prospettiva da ripensare radicalmente2. Noi siamo invece in fase di dinamismo e tutto attraverso la storia avrà il suo compimento. Noi non siamo decaduti per colpa del peccato di origine, ma siamo chiamati ancora al bello e ancora al dive- nire. Il Dio di Gesù Cristo non è un interventista nel senso del “Deus ex machina” del teatro antico. È senz’altro un “attendista”, ossia Colui che attende il lungo processo della storia, affinché tutta l’umanità sia con Lui, nel suo amore.

Albino Michelin

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