DISTRUGGETE QUESTO TEMPIO E IN TRE GIORNI LO FARO’ RISORGERE
DISTRUGGETE QUESTO TEMPIO
E IN TRE GIORNI LO FARO’ RISORGERE
Commento al Vangelo
di p. Alberto MAGGI OSM
Gv 2, 13-22
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre i profeti, denunciando un culto ipocrita, auspicavano una purificazione del tempio di Gerusalemme, Gesù va al di là. Gesù non è venuto per purificare, ma per eliminare. Gesù abolisce il tempio di Gerusalemme.
E’ quanto ci scrive Giovanni nel capitolo 2 dal versetto 13 al 22. Leggiamolo.
“Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei”.
L‘evangelista anziché definirla, come giustamente doveva fare, “la Pasqua del Signore” – così la Pasqua è chiamata nel Libro dell’Esodo – la chiama “Pasqua dei Giudei”.
Perché?
La Pasqua non è più erede di quella costituita nell’Esodo, in quanto è divenuta una festa propria del regime giudaico. I giudei in questo vangelo indicano i capi del popolo, non la popolazione stessa.
La Pasqua è divenuta uno strumento di dominio e di oppressione da parte delle autorità religiose. E’ una Pasqua a beneficio della casta sacerdotale al potere, che inganna il popolo, in nome di Dio, per i propri interessi. Quindi la festa religiosa si era trasformata per le autorità religiose in una occasione di guadagno. Ecco perché è la festa dei Giudei e non la Pasqua del Signore, la festa del popolo.
“E Gesù salì a Gerusalemme”. Gerusalemme in occasione della Pasqua triplicava i suoi abitanti.
“Trovò nel tempio … “ – ecco nel tempio non trova gente in adorazione, gente in preghiera, ma trova soltanto mercato, interesse, perché il vero Dio del tempio è la convenienza.
Infatti dice che “trovò nel tempio venditori di buoi”. L’evangelista comincia dagli animali di stazza più grande, poi “pecore e colombe, e là seduti ..” – “seduti” (kaqhme,nouj) ha il significato di “installati” – “i cambiavalute”.
Ecco il Dio del tempio, il denaro. Tutto verte sulla convenienza, sul l’interesse. E questo a favore della casta sacerdotale al potere che gestiva il tempio.
“Allora fece una frusta di cordicelle”, letteralmente “flagello” (frage,llion). La tradizione presentava il messia come armato di un flagello, con il quale avrebbe dovuto castigare i peccatori. Ebbene, Gesù si arma di flagello ma non castiga i peccatori, gli esclusi dal tempio, ma castiga quelli che sono proprio l’anima del tempio, l’istituzione sacerdotale al potere.
“E scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi”.Gesù incomincia scacciando le pecore.
L’immagine è quella del pastore che libera le pecore dall’ovile in cui sono state racchiuse. L’espressione è parallela a quella di Gv 10,4, quando l’evangelista scriverà: “E quando ha condotto” – letteralmente “scacciato fuori” (evkb£a,lh|) – “tutte le pecore”. Le pecore sono immagine del popolo; è il popolo la vera vittima sacrificale di queste feste.
“Gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi”.
Ma stranamente Gesù si rivolge per il rimprovero soltanto ai venditori di colombe.
Perché?
La colomba era l’animale che, per il sacrificio di purificazione, i poveri si potevano permettere. E Gesù non tollera che l’amore di Dio venga prostituito.
E rimprovera: “«Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!»”
Non è più la casa di Dio, ma la casa del Padre. Mentre Dio ha bisogno di fedeli, il Padre ha bisogno di figli. Mentre un Dio esige offerte, il Padre è colui che offre la sua vita per i suoi figli. Mercato e casa del Padre sono incompatibili. Là dove c’è interesse, là dove c’è la convenienza non c’è il Padre, ma altre realtà.
“I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto” – e l’evangelista cita il salmo 69 al versetto 10 – «Lo zelo per la tua casa mi divorerà»”. Non hanno compreso bene. Lo zelo era quello che animava il profeta Elia che era pieno di zelo per il Signore. Quindi anche loro attendono un messia che, attraverso la violenza, conquisti il potere. Nulla di tutto questo.
“Allora i Giudei” – i capi del popolo – “reagirono e dissero: «Quale segno»” – cioè quale autorità – “«ci mostri per fare queste cose?» Rispose loro Gesù: «Distruggete questo …»”, ma l’evangelista non adopera il termine “tempio” (i`ero,n), che indicava tutta la vastità degli edifici del luogo santo, ma il termine “santuario” (nao,j), che era l’edificio più importante, il più sacro, quello in cui si riteneva ci fosse la presenza del Signore.
Allora Gesù dice: “«Distruggete questo santuario»” perché lui è il santuario. Nel prologo
Cacciata dei mercanti dal tempio
El Grego (ca. 1600)